Le feste attuali si svolgono in luoghi ampi, molteplici e distinti, per accogliere una moltitudine di persone che intendono vivere un’idea di turismo che si rivolga alla cultura in senso lato, soprattutto perché gli eventi sono organizzati in prevalenza durante la stagione estiva.
Nel territorio cilentano, il turismo è stato favorito da una più adeguata promozione dovuta ad alcuni fattori:
a) lo sviluppo del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, che è più riconoscibile rispetto al passato grazie ad una maggiore divulgazione delle informazioni riguardanti le risorse storico architettoniche e artistico-culturali del territorio;
b) il maggiore riscontro territoriale dovuto alla pubblicizzazione di tante località, che si sono affermate soprattutto per la qualità delle acque delle loro coste;
c) la diffusione della dieta mediterranea ben oltre i confini di un territorio che, per decenni, è stato il maggior depositario di prodotti tipici e di una alimentazione sana.
Di conseguenza, il quesito da porsi è se questi fattori possano portare a vivere il territorio in maniera più adeguata, nonostante continua inesorabile il fenomeno della migrazione territoriale verso aree più ricche. E, soprattutto, se le iniziative messe in atto da Enti ed Associazioni in qualche misura possano contribuire a valorizzare in maniera differente la vasta area.
Venendo agli studi territoriali, chi scrive ha studiato le manifestazioni festive a partire dalla seconda metà degli anni novanta del novecento, nell’ambito di una ricerca condotta insieme ad Antonio Di Rienzo, per conto dell’Associazione CI.RI. Cilento Ricerche. Allora furono individuate due grandi classificazioni: “eventi religiosi” e “eventi non religiosi”.
Per studiare le feste, costruimmo una serie di indicatori qualitativi, a cui veniva attribuito un punteggio attraverso il metodo dell’osservazione partecipante: 1- Rilevanza dell’evento (conoscenza da parte del pubblico e pubblicità); 2- Organizzazione (impegno e funzionamento organizzativo); 3- Partecipazione attiva (coinvolgimento degli attori nella festa); 4- Partecipazione passiva (presenza senza essere coinvolti); 5- Contenuti culturali (letteratura, storia, arte presenti nella festa); 6- Rappresentazione scenica (riuscita della drammatizzazione); 7- Comportamenti rituali (espressioni e gesti degli attori sociali); 8- Funzioni rituali (legate alla manifestazione, all’evento); 9- Rilievo economico (eventuale sviluppo economico rispetto all’evento); 10- Condivisione ed adesione (giudizio positivo da parte del pubblico).
La conclusione era che le feste sia quelle religiose che non religiose avevano la necessità di coinvolgere un più esteso pubblico per dare rilevanza all’evento. Sembrava, cioè, inevitabile pensare le feste secondo canoni differenti rispetto al passato, per consentire di trovare condivisione ed adesione da parte del pubblico.
Dallo studio emergeva l’esigenza di puntare all’organizzazione, ma non solo. Se alcune feste religiose, molto meno pensate e legate a contenuti culturali, continuavano ad essere importanti, evidentemente il coinvolgimento aveva ancora a che fare con questo nuovo ritorno spirituale che pervadeva una fascia non trascurabile di popolazione.
La pubblicità dell’evento era un altro requisito importante: nel caso di feste religiose pur non in presenza di forme di comunicazione mass-mediologiche, erano significativi i rapporti stretti in grado di coniugare il sacro con il profano.
Tutti i tipi di feste dovevano considerare alcuni elementi: organizzazione, coinvolgimento del pubblico (attraverso rappresentazioni e contenuti sociali e culturali), pubblicizzazione della manifestazione. Un ulteriore aspetto era quello delle risorse economiche le uniche in grado di fare interagire meglio tutti i menzionati elementi.
In tal modo, si potevano superare i limiti che ostacolavano lo sviluppo delle feste, nonostante si avvertisse la tendenza a ricercare forme socializzanti intorno ad un evento e desiderio di vivere il momento festivo nella società futura.
Dopo quel lavoro, molte cose sono cambiate: sono ritornato a studiare le feste e mi sono accorto che molte erano state sostituite con altre con una valenza differente.
Partendo dalle manifestazioni che hanno una longevità e una riproposizione nel tempo, ho ritenuto interessante osservare le forme espressive che continuano ad essere presenti.
Le manifestazioni sono state scelte tra le più rappresentative: una per ogni comune preso in considerazione, senza necessariamente valutare gli stessi eventi che furono proposti alla fine degli anni novanta.
Le iniziative sono state individuate tenendo conto dei seguenti criteri: 1) pubblicizzazione dell’evento (attraverso giornali e siti internet); 2) notizie reperite attraverso informatori; 3) questionari recapitati ai vari enti organizzatori; 4) riscontri diretti sul campo.
Gli indicatori considerati hanno permesso di osservare: le modalità organizzative e l’impegno dei partecipanti; la tenuta della tradizione dell’evento in considerazione dei cambiamenti che sono intervenuti; la ricaduta in termini economici e di sviluppo grazie soprattutto alla presenza di pubblico.
Si è cercato di rilevare come gli individui siano portati ad aggregarsi per condividere le occasioni festive e, di conseguenza, come molte iniziative debbano essere organizzate, considerando le esigenze della popolazione.
Vivere l’evento festivo diventa condividere i momenti relazionali, e di conseguenza trovare gli stimoli, rappresentati dalle manifestazioni che il territorio propone, per recarsi in luoghi affascinanti per le bellezze storico-architettoniche e paesaggistiche.
Si diffonde, dunque, una diversa modalità di proporre l’evento, specie in considerazione che in passato la tradizione offriva al pubblico una occasione festiva, badando essenzialmente all’idea di una comunità che condivideva le peculiarità del territorio e riproponeva antichi rituali per lo più a carattere religioso. Certamente anche gli antichi rituali possono essere ripresentati, a condizione che siano attrattivi e che rappresentino una occasione di promozione territoriale.
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