Alla vigilia dell’elezione del nuovo Pontefice, gli insegnamenti di Papa Francesco sono quanto mai essenziali per affrontare un mondo di povertà e soprusi, ingiustizie e diseguaglianze, violenze e guerre.
Papa Francesco ha posto al centro del suo pontificato la “giustizia sociale”, sottolineando la necessità di combattere le disuguaglianze e di tutelare i diritti dei più vulnerabili. Ha considerato importanti i temi della povertà, delle migrazioni, della cura del creato e della dignità umana, invitando a una maggiore solidarietà e a un’economia al servizio del bene comune.
Nel: “Dialogo tra credenti e non credenti”, tra Papa Francesco e Eugenio Scalfari, avvenuto in un arco temporale che va dal 7 luglio al 1 ottobre 2013, ora riproposto in un opuscoletto dopo la morte di Bergoglio (21 aprile 2025, mentre il fondatore di Repubblica era scomparso nel 2022), si erano affrontati i temi dell’Enciclica: “Lumen Fidei”, in cui la fede si richiama all’azione della figura di Gesù di Nazareth. Il papa aveva sostenuto che “la verità testimoniata dalla fede è quella dell’amore”, ed allora l’impegno di tutti doveva rivolgersi nella direzione della povertà, del riconoscimento dell’altro, della dignità di ogni uomo, del richiamo alla fratellanza e alla pace.
Nei dodici anni che hanno caratterizzato il suo pontificato, Bergoglio ha continuato sulla linea tracciata, senza tentennamenti, dando priorità alle disuguaglianze economiche e sociali, ostacolo alla costruzione di una società più giusta. Sono stati richiamati temi fondamentali quali: la questione migratoria e l’accoglienza per un approccio umano e solidale; la cura del “creato” ed in particolare la protezione dell’ambiente, attraverso comportamenti sostenibili, perché la crisi ecologica è strettamente legata alla crisi sociale. Infine, l’indicazione per un’economia da intendere al servizio del popolo, non volta al profitto e all’accumulo di ricchezze personali.
In queste dinamiche, il ruolo essenziale è di una Chiesa, che denunci e si impegni nella lotta per una “giustizia sociale”, che sia vicina ai più bisognosi e che si apra al dialogo interreligioso e interculturale, invitando a costruire amicizia e collaborazione tra i popoli.
Al centro, dunque, c’è certamente la “questione sociale”, che significa una condizione di vita, reale e non virtuale, per le persone che non riescono a condurre una esistenza dignitosa ed umana. Per affrontare l’ingiustizia, occorre che si presti attenzione ai fragili e ai marginali, per includere e non escludere, denunciando gli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti, che non permettono ai Paesi più poveri di accedere allo sviluppo. Si tratta di affermare una dottrina che tende alla centralità della persona e alla necessità di un’economia al servizio di tutti.
In quel “Dialogo” del 2013, molte domande furono rivolte da Scalfari sulle problematiche della verità, della fede e dell’amore, oltre che sul tratto distintivo della Chiesa di Roma, passando per questioni teologiche e ontologiche, ponendo in grande evidenza l’incarnazione del Figlio per la salvezza degli uomini, la secolarizzazione e il rapporto tra potere temporale e spirituale, una Chiesa più istituzione che al servizio degli umili. Poi affrontò il perdono di coloro che non hanno fede; le verità relative e soggettive; il pensiero in grado di pensare.
Prima di fare altre considerazioni, è interessante sottolineare le risposte che il Papa formulò in due occasioni: una lettera dell’11 settembre 2013, in cui asseriva che la “verità non è mai assoluta”, e l’intervista conclusiva del 1 ottobre 2013, il cui titolo era: “Così cambierò la Chiesa”.
Sulla questione della verità assoluta, Papa Francesco sosteneva che nell’Enciclica (predisposta da Ratzinger e portata a compimento da Bergoglio) vi era una affermazione importante: la verità è determinata dall’amore e di conseguenza “la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro”. Il credente, in questo tipo di verità, “che ci abbraccia e ci possiede”, diventa umile. Sembra un grande passo avanti, soprattutto perché la fede è l’incontro con Gesù Cristo: “un incontro personale, che ha toccato il mio cuore ed ha dato un indirizzo e un senso nuovo alla mia esistenza”. Ma un incontro sempre nella relazione con l’altro e gli altri, perché “l’immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d’argilla della nostra umanità”. L’assoluto è slegato e privo di relazione: la verità, secondo la fede cristiana, invece è relazione, che viene colta “a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive”.
Parlando del Figlio di Dio, Bergoglio rivela la sua straordinaria autorità, intesa secondo la parola greca exousìa (ciò che proviene dall’essere), ciò che si è, che “emana da dentro e che si impone da sè”. È un’autorità che il Padre gli consegna perché la spenda per gli uomini; non è finalizzata ad esercitare un potere sugli altri, “ma a servirli, a dare loro libertà e pienezza di vita”. Conclude, sostenendo che “Gesù è venuto a dare la sua vita per aprire a tutti la via dell’amore”. E l’incarnazione testimonia l’amore che Dio ha per ogni essere umano: “ognuno di noi, per questo, è chiamato a far suo lo sguardo e la scelta di amore di Gesù, a entrare nel suo modo di essere, di pensare e di agire”.
Nell’intervista sui cambiamenti dell’azione della Chiesa, Papa Francesco si indirizza ai problemi concreti, ai mali del mondo che sono: disoccupazione dei giovani e solitudine degli anziani, speranza e cura. Si vive nel presente senza memoria del passato e desiderio di proiettarsi nel futuro: occorre investire in ciò, perché la missione è realizzare l’agàpe, l’amore disinteressato per gli altri, per il prossimo, per il bene comune. Il Figlio di Dio si è incarnato per infondere fratellanza: il modo è di trovare “l’agàpe, l’amore di ciascuno di noi verso tutti gli altri”, perché questa è la salvezza! Il monito è ridare speranza ai giovani e aiutare i vecchi, per aprire verso il futuro, includendo gli esclusi e predicando la pace.
In quella stessa intervista, Bergoglio sosteneva che non è opportuno occuparsi di politica, perché le istituzioni politiche sono laiche e operano nella sfera dell’indipendenza. Non so se è così, perché toccando temi così importanti per il miglioramento sociale e la giustizia si fa certamente politica.
Papa Bergoglio, nell’Enciclica di qualche anno dopo: “Fratelli tutti” (2020), ha invitato alla costruzione di una società più equa e inclusiva. C’è la condanna della guerra e l’uso delle armi e la promozione del dialogo e della riconciliazione, come strumenti per la risoluzione dei conflitti. Ha sostenuto il principio che la proprietà privata non può essere un diritto assoluto, perché ci sono milioni di persone al mondo senza risorse per vivere.
Papa Francesco ha anche dedicato attenzione, nel suo pontificato, a temi quali: la cura del creato (ambiente), la migrazione (dei popoli), l’intelligenza artificiale (tecnologie come sopraffazione sull’intelligenza umana), la pace e la necessità di una nuova Europa. Il suo impegno sociale si è manifestato attraverso le sue azioni, come le numerose visite alle periferie e ai luoghi di marginalità, e attraverso i suoi incontri con i leader mondiali e le autorità politiche.
In sintesi, il suo invito è stato di costruire una società più equa, inclusiva e fraterna, dove la dignità di ogni persona è rispettata e dove i diritti umani sono tutelati.
In occasione dell’incontro del 19 dicembre 2022 con Landini e la CGIL, Papa Francesco per affermare la costruzione di una società giusta, criticò il lavoro precario che “uccide il futuro, uccide la speranza. È inaccettabile che oggi le persone che lavorano non riescono a vivere con dignità. Questo è sfruttamento”. Le morti sul lavoro sono una tragedia inaccettabile; è poi importante assicurare un salario a tutti, avere diritto a conciliare lavoro e vita personale. Ha conosciuto tanti lavoratori attraverso incontri diretti manifestando la tesi che il lavoro non deve essere solo un diritto, ma una vocazione, una missione, una forma di partecipazione alla creazione.
Francesco ha denunciato l’indifferenza di fronte ai poveri: una “globalizzazione dell’indifferenza” che anestetizza le coscienze ed esclude milioni di persone dal benessere. Il suo insegnamento non è stato solo denuncia, ma soprattutto un appello accorato volto alla solidarietà, alla politica del bene comune, all’economia della condivisione, alla giustizia.
In un’epoca segnata da guerre e tensioni internazionali, Papa Francesco si è imposto come un messaggero di pace senza compromessi: “Non si costruisce la pace con le bombe, le armi, ma con il dialogo, la giustizia e la speranza”. Si è scagliato con forza contro la corsa agli armamenti, la produzione, la vendita di armi, l’uso della violenza come soluzione ai conflitti.
La sua battaglia per la pace ha riguardato anche “le guerre invisibili”, contro i migranti, respinti e lasciati morire in mare; contro le popolazioni indigene, espulse dalle loro terre in nome dello sviluppo; contro le donne, vittime di violenze e discriminazioni.
Credo che le idee di un uomo così carismatico e amato, come testimoniano le masse che hanno seguito il suo cammino, possano indirizzare anche il prossimo pontefice, se si vuole costruire un mondo che includa e non marginalizzi perseguendo l’agàpe, uno dei più importanti insegnamenti di Papa Francesco.
In una società odierna dove prevale la cifra enigmatica del godimento mortifero e della preclusione narcisistica dell’altro le parole piene di Papa Francesco si traducono in immagini attive capaci di promuovere una antropologia trasformazionale capace di porre in primo piano una attenzione agli umili ed ai fragili e che si declina nella relazione con l’altro da sé come servizio e cura della persona ,incontrando il volto di Cristo che ci interroga sulla nostra posizione etica e valoriale.
Un messaggio di speranza e di promozione sociale nell’era del tramonto di ogni propensione altruistica ed intersoggettiva.
Complimenti per l’analisi attenta al messaggio del Santo Padre
Grazie
Sulla pace è stato detto:
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Ma non si arriverà mai alla pace nel mondo fin tanto che la donna non è riposta sul piedistallo che le spetta. Così com’è è come porre sullo stesso piedistallo la Madonna, la Madre di Dio.
Papa Francesco ha elogiato la donna.
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Ma il grave problema della donna è compromesso in meta mondo si può dire, ed è quello di fede islamica.
La questione insuperabile oggi sulla donna islamica è la Shiaria.
Cito parte di un articolo di Bruno Cantamessa su Citta Nuova:
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Conclusione è che il mondo è condannato, non si arriverà alla pace.
1)https://www.cittanuova.it/la-sharia-problema-delle-donne/?ms=007&se=018
Grazie. Lo spirito dell’articolo è una riflessione sulle idee di un papa che ha cercato di aprire al sociale e alle ingiustizie nel mondo.