“Provavo un senso di stanchezza e di sgomento nel sentire che tutto quel tempo, così lungo, non solo era stato ininterrottamente vissuto, pensato, secretato da me, che era la mia vita, ma che inoltre dovevo tenerlo in ogni momento attaccato a me, che esso mi sosteneva, appollaiato com’ero io sulla cima vertiginosa, e che non potevo muovermi senza spostarlo come lui con me”. (1)
Quest’anno è il centenario della morte di Marcel Proust, che ha realizzato un’opera imponente e significativa, intesa come il capolavoro più lungo del mondo con una miriade di personaggi. Si tratta di: “Alla ricerca del tempo perduto”, scritta a partire dal 1909, dopo che in precedenza ne aveva elaborato temi e dato vita a molte costruzioni e strutture narrative, rivista fino alla morte (1922), pubblicata, infine, in sette volumi tra il 1913 e il 1927.
Il tema che tratterò in questo scritto è il risveglio della memoria involontaria che trasforma il tempo perduto in tempo ritrovato, la fine della ricerca interiore del Narratore e l’inizio del romanzo da scrivere, del romanzo futuro. In esso si riscontrano le seguenti argomentazioni: a) il ritorno ciclico del Narratore, il ritorno alle origini; b) la malattia, l’assenza dalla realtà sociale e dal regno delle apparenze; c) il cambiamento, come capovolgimento dei valori.
Se il tempo ritrovato non mostra che rovine e dolore, attraverso la bellezza e l’arte l’autore comprende il suo passato e si rituffa nel futuro. La concezione del tempo, tra memoria e oblio, fa dire a Proust: “la società non è nulla ma non c’è che questa”. (2)
La Recherche è la grande opera di un malato, che vede il legame della malattia e della morte e che tramuta la malattia in una prigionia forzata, che allontana la guarigione per soffrire e che si sacrifica per i posteri. Proust durante la stesura della sua opera per motivi di salute non esce quasi mai di casa e trascorre l’intera giornata a scrivere. Questo accade dopo che in gioventù aveva frequentato spasmodicamente i bordelli, ricordando la sessualità come la metafora di una fusione tra due esseri. Capriccioso, vulnerabile, omosessuale, frequenta l’aristocrazia e la società borghese per trovare particolari da inserire nella sua monumentale opera; approda alla fine ad una sorta di saggezza nichilistica, dopo essere stato un tempo un uomo di tanta eloquenza da tenere inchiodati i suoi interlocutori per ore nei salotti francesi.
Nell’opera c’è la ricchezza delle risorse descrittive, organizzatrici, psicologiche e poetiche, ovvero la conoscenza e la salvazione per sottrarsi al tempo e alla morte. C’è il rischio dei fallimenti dell’esistenza, un’esistenza alla ricerca della sua verità. Le pagine sono la produzione del mondo, tanti libri in uno: infanzia, desideri, mondanità, amore, gelosia, sogno, natura, arte creatrice, sesso, morte. Una cattedrale minuziosamente costruita. Nell’interpretazione del finale del tempo ritrovato, Proust produce la parabola del “tempo-distanza”, che fa rendere percettibile il tempo e mostra gli esseri fatti di tempo e prodotti del tempo. Mentre il tempo compie il suo flusso e vivono i personaggi, si accendono speranze e si vivono illusioni; la conoscenza è evocazione della memoria che riuscirà a sfuggire a dolore e morte grazie all’arte, la sola verità possibile, perché la ricerca del tempo perduto in effetti è la ricerca della poesia e della verità. (3)
La grande intuizione di Proust è di raccontare la vita salottiera cogliendo le confidenze di un secolo al tramonto e dando al XIX secolo la possibilità di raccontare le sue memorie. Per questo è il più stupefacente raccontatore di anime dopo Dostoevskij. È un romanzo che risale dalla fine, dove il Narratore finisce la vicenda del tempo ritrovato e l’autore comincia a scrivere la Recherche: da qui la natura ciclica e meta-narrativa. (4)
È ben presente in lui Henri Bergson e il concetto di tempo e durata: l’attualizzazione del passato non si può quantificare per la dinamicità continua, ed è impossibile misurare i frammenti che la compongono, perché si armonizzano l’uno con l’altro secondo un processo di reciproca compenetrazione. Per il filosofo, il tempo della scienza è spazializzato come successione di istanti identici, invece ci sono sempre istanti fluidi, in cui tutto è in ogni istante nuovo e conservato. Qui entrano in gioco coscienza ed intuizione, i temi cari a Bergson: “la durata implica rappresentazioni mobili, quasi fluide sempre pronte ad adagiarsi sulle forme dell’intuizione”. (5)
Ogni momento successivo continua quello che lo precede, più un elemento nuovo la cui tensione vitale dirige verso il futuro, verso la perpetuazione dell’esistenza. Osservando una città la vedo differente dalle volte precedenti, perché la coscienza si è modificata. Bergson fa l’esempio del cono solido. Il cono si restringe verso la cima (presente) e si allarga verso la base (dove c’è un cerchio ampio, il passato). Collegando il punto (vertice) e il centro del cerchio, si ha una linea di continuità, dunque la proiezione verso il futuro della vita diveniente, nel fluire della coscienza. (6)
Proust nacque a Parigi nel 1871, figlio di un professore universitario di medicina e di una donna colta e sensibile, di ricca famiglia ebrea, che si occupò fino alla morte del figlio che all’età di nove anni cominciò a soffrire d’asma, malattia che lo tormentò per tutta la vita. Dopo aver frequentato il liceo Condorcet ed aver iniziato le collaborazioni ad alcuni periodici e riviste, si iscrisse alla facoltà di Diritto e fu allievo alla Sorbona (Scienze Politiche) di Henri Bergson.
La sua opera principale, la Recherche, è un affresco della società francese di inizio secolo (novecento), in cui la narrazione si sviluppa attraverso un approccio soggettivo che, a partire dal sapore ritrovato della madeleine, fa risvegliare alla memoria tutto un mondo dimenticato. È un monologo interiore che affronta una serie di questioni, che si risolvono nella critica ad ogni mito, nella meditazione sull’esistenza umana, nella decadenza in cui è precipitata la sua epoca. È però il momento irrazionale, la memoria involontaria che mette in contatto tempo presente e passato, che fa ritrovare il senso della vita e la ricerca del tempo perduto come prima tappa verso l’arte, che gli permette infine di poter realizzare il romanzo.
Il primo volume apparve il 14 novembre 1913; poi lo scoppio della guerra interrompe la pubblicazione degli altri volumi, mentre Proust in maniera febbrile continuava a lavorare aggiungendo sempre nuove parti (paperoles). Alla fine furono sette: 1. Dalla parte di Swann o La strada di Swann (Du côté de chez Swann, 1913); 2. All’ombra delle fanciulle in fiore (À l’ombre des jeunes filles en fleurs, 1919, premio Goncourt); 3. I Guermantes (Le côté de Guermantes, 1920); 4. Sodoma e Gomorra (Sodome et Gomorrhe, 1921-1922); 5. La prigioniera (La prisonnière, 1923); 6. La fuggitiva (la prima edizione aveva il titolo Albertine scomparsa, La fugitive, Albertine disparue, 1925); 7. Il tempo ritrovato (Le temps retrouvé, 1927).
Riporto brevemente i contenuti dei sette volumi.
- Dalla parte di Swann. Il primo libro narra l’infanzia di Proust a Combray, descrivendo i rapporti psicologici con la madre, con le sue prime letture intellettuali e con gli abitanti del paese. Si apre poi la seconda sezione, dove entrano in scena i membri della famiglia Swann. Qui viene introdotto il tema della Recherche interiore e dell’attenzione per i dettagli del proprio passato. La seconda sezione è dedicata a Charles Swann e al suo amore per Odette de Crècy.
- All’ombra delle fanciulle in fiore. Questo volume parla del trasferimento di Marcel da Combray a Parigi. Qui frequenta l’amico Charles Swann e la moglie Odette. Il libro parla anche del suo innamoramento per Gilberte, figlia della signora Swann, e, successivamente, a seguito di un soggiorno con la nonna in Normandia, di quello verso Albertine, adolescente tra altre fanciulle “in fiore”.
- I Guermantes. Marcel va a vedere Berma, un’attrice di cui è invaghito, a uno spettacolo teatrale. Tuttavia, mentre l’amore per lei viene progressivamente meno, si accende invece quello verso la duchessa Madame Guermantes. Marcel inizia a frequentare la nobile famiglia nel circolo del barone Charlus, mentre la malattia della nonna peggiora. Alla morte di quest’ultima, incontra nuovamente Albertine e si innamora di lei, mentre scopre che il barone Charlus è omossessuale.
- Sodoma e Gomorra. Nel romanzo si snodano due rapporti binari: quello tra Marcel e Albertine e l’altro tra il barone Charlus e un giovane violinista. Parla anche del sospetto che Marcel ha rispetto ad un tradimento di Albertine e alla certezza che questo sia avvenuto con una donna nobile.
- La prigioniera. Marcel perdona Albertine e decide di andare a vivere con lei. Ma la gelosia torna, al punto che Marcel chiuderà la sua amante in casa impedendole di uscire. Albertine riuscirà a fuggire, lasciandogli una lettera.
- La fuggitiva. Se inizialmente Marcel non manifesta dispiacere per quanto accaduto, in seguito ne soffre infinitamente. Cadrà in una profonda depressione quando scopre che la sua antica innamorata ha avuto un incidente ed è morta cadendo da cavallo. Successivamente incontrerà per caso Gilberte Swann, di cui si innamora nuovamente, ma che è promessa sposa al nipote del barone Charlus. Al termine del racconto, Marcel scoprirà però che anche quest’ultimo è omosessuale.
- Il tempo ritrovato. Durante la Prima guerra mondiale, Marcel si accorge che il tempo trascorre inesorabilmente e torna a Parigi, trovandola diversa da come l’aveva conosciuta durante la Belle Époque. Diventa un assiduo frequentatore della casa di Gilberte e per un’ultima volta decide di andare a un incontro nel salotto della famiglia Guermantes. Qui espone importanti riflessioni sul trascorrere del tempo, dichiarando l’intenzione di scriverli in un libro.
La struttura dell’opera è circolare, prima di permettere, dopo tremila pagine, a Marcel di diventare scrittore. Lui è l’io narrante, che combatte contro la mancanza di volontà, la bassa autostima, la fragilità fisica e psichica, per giungere infine a scrivere un romanzo sugli uomini e sul tempo.
La Recherche ha luogo in un tempo che va dall’affaire Dreyfus alla prima guerra mondiale, ma il tempo personale del suo narratore è irregolare e ripetutamente sfalsato rispetto agli altri. Il titolo dell’opera: La ricerca di un tempo perduto, è legato al passato ma è anche un tempo verso il quale tende il presente. È anche la ricerca della Verità che solo l’arte può far afferrare; è la vita stessa, perché tempo interiore, soggettivo. Simbolicamente è anche la chiusura nella sua stanza a scrivere e a ricercare, passando la sua breve giovinezza rinchiuso. È allora la storia di una coscienza in cerca della sua identità, e solo nella sua memoria l’uomo nel suo insieme può cogliere le incessanti trasformazioni alle quali il tempo sottopone fatti, persone e sentimenti. Proust distingue due tipi di memoria: la memoria volontaria, come ricostruzione di quanto è accaduto nel passato, gestita dalla ragione; la memoria involontaria o affettiva, che affiora in modo inaspettato, quasi si trattasse di un’illuminazione improvvisa, suscitata da uno stimolo dei sensi (udito, olfatto, gusto, tatto, vista), come ricordi illogici e irrazionali. Questa memoria è il solo mezzo per reagire alla fuga del tempo, anche se il nostro passato non ci viene restituito con tutte le sfumature esatte ed il ricordo trasfigura un po’ tutto ciò che esso evoca.
Aveva scritto Henri Bergson: “Al di fuor di me, nello spazio, c’è un’unica posizione della lancetta e del pendolo, perché delle posizioni passate non resta nulla. Dentro di me si svolge un processo di organizzazione e di mutua compenetrazione di fatti di coscienza, che costituisce la vera durata”. (7)
Il tempo di Proust è interiore, niente a che vedere con la realtà storica, con il contesto sociale; si estende nei meandri delle nostre anime e ricerca le punte sensibili di un ricordo mai vissuto o creduto dimenticato, abbandonato per sempre e che, invece, rispunta, prepotente e pungente. La verità di Proust guarda dunque all’indietro, mai in avanti. Solo il tempo futuro svelerà le verità di quello perduto: di qui, l’inutilità e la debolezza dei sentimenti, delle emozioni, dei pensieri, che acuiscono la confusione del presente. Affidandosi ai rumori, agli odori, già uditi e respirati, passato e presente si compenetrano, ed allora ritrovare il tempo non è impossibile, a patto che il mondo ricreato sia un mondo letterario, un mondo interiore, mistico, costruito su questo gioco di memoria e tempo.
Le pagine sono fatte di frasi lunghe che spiegano gli aspetti del mondo ma soprattutto la profondità dell’anima. La vita degli uomini consiste in una lotta disperata alla ricerca di una felicità, dovuta alla capacità di trasportare il soggetto in una realtà extratemporale, che gli permette di sfuggire dal presente e di gioire nell’essenza delle cose, cioè fuori del tempo, perché il tempo sospeso nella contingenza esistenziale, negli istanti privilegiati, istanti sottratti alla durata in cui la felicità del reale è ritrovato, approfondendo le figure e le immagini di un libro complicato ma ormai fiorito. L’opera d’arte è la dura scuola di vita e il vero giudizio finale. (8)
Proust elabora la teoria dell’intermittenza del cuore per salvare il passato dalla sua eternità di morte; lo resuscita e lo immette nell’eternità di vita del presente, facendo rivivere il passato come un presente potenziale. Per cui il passato è un eterno presente. (9)
La grande vittoria di Proust è di aver superato le mode e di essersi spinto, lui uomo del suo tempo, all’inattualità.
Giuseppe Grasso così chiude la versione integrale della Recherche:
“La lettura della sua opera non è esente dal desiderio e dal godimento, da un perpetuo bisogno di scoprirlo e di riscoprirlo, se non proprio alla nostra altezza, quanto meno alla nostra portata. Ed è quanto conta per chi crede, come noi, alla sua vitalità”. (10)
Note:
- Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, ed. integrale, a cura di Pinto P., Grasso G., Newton Compton, 2020, p. 2456.
- Grasso G., cit., p. 2167.
- Ivi, pp. 2457-2464.
- Ivi, pp. 2467-2471.
- Ivi, p. 2493.
- Ivi, p. 2494.
- Cfr.: Bergson H., Saggio sui dati immediati della coscienza, Cortina, 2002, or. 1889; Bergson H., Durata e simultaneità, Cortina, 2004, or. 1922.
- Grasso G., p. 2170.
- Ivi, p. 2527.
- Ivi, p. 2528.
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