DIALOGHI SUL PATRIMONIO IMMATERIALE
La Festa di San Bartolomeo Apostolo (Pellare) e la Fiera della Frecagnòla (Cannalonga) nell’Inventario del Patrimonio Culturale Immateriale Campano (IPIC)
Convegno/dibattito
16 ottobre, ore 19:00, Antica Chiesa di San Bartolomeo a Pellare (SA)
Saluti: Enrico Gnarra; Carmine Laurito
Interventi: on. Franco Picarone; Pasquale Martucci; Aniello Amato; Vincenzo Merola; don Angelo Imbriaco; Angelo Arena; Domenico Pizzolante; don Aniello Carinci
Modera: Giuseppina Del Giudice
Quando si parla di Patrimonio Culturale Immateriale, si intende quasi sempre un fenomeno complesso che rappresenta la forma più compiuta di identità di un luogo. Una identità che entra nelle dinamiche simboliche e sociali, le uniche che riescono quasi a fermare la storia e il tempo, un eterno presente, per far emergere la comunità che crede nella sua occasione, la propone e ripropone, riattualizzandola, come accade con la società in cambiamento.
Una definizione di immateriale serve ad orientare il mio argomentare. Si tratta di un termine che va oltre e supera la capacità di cogliere il contingente, ciò che è in superficie, proiettandoci in una dimensione da scoprire, ricercare, costruire, o ancora meglio co-costruire, attraverso un fare in comune, nella comunità che si organizza per permetterci di vivere. Ogni essere umano infatti ha voluto/dovuto condividere qualcosa di non materiale, per spiegare molte cose inspiegabili, per trovare risposte ai misteri della sua stessa mente e della sua esistenza in una natura che ha cercato di dominare e controllare senza riuscirci.
L’immateriale è anche l’ingegno, la capacità e l’abilità di una persona che costruisce e conserva un bene culturale, un “patrimonio ereditato”, che rimanda alle caratteristiche e al riconoscimento di ciò che è una comunità di luogo, intorno alla quale si realizza nel corso della storia un processo socioculturale sempre determinato dall’uomo che vive la sua condizione di “abitante” e “appartenente” ad un territorio.
Oggi si pongono in evidenza le identità territoriali e le sue espressioni (immateriali), che si manifestano entro luoghi e spazi (materiali) facenti parte di un Patrimonio Culturale.
Per tale ragione è stato istituito l’IPIC (Inventario del Patrimonio Immateriale Campano) che riguarda: a) Saperi – tecniche e processi, che identificano produzioni artistiche e/o artigianali legate all’identità comunitaria; b) Celebrazioni – riti, feste, manifestazioni popolari, associate alle espressioni religiose, ai cicli lavorativi, all’intrattenimento e ai momenti significativi di una comunità; c) Espressioni – tradizioni orali, musiche tradizionali e mezzi espressivi, compresi linguaggi e manifestazioni artistiche che caratterizzano l’identità di un luogo; d) Cultura agro-alimentare – tradizione rurale, gastronomica ed enologica, comprese feste e sagre, come espressioni di un’identità comunitaria; e) Spazi culturali – i luoghi della cultura tradizionale dove sono ricreati ed interpretati gli elementi del patrimonio culturale immateriale.
Per essere iscritto nella lista dei beni tutelati, l’IPIC ha individuato alcuni criteri per definire il bene culturale immateriale, che deve: a) essere trasmesso di generazione in generazione; b) essere costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la sua storia; c) permettere alle comunità, ai gruppi nonché alle singole persone di elaborare dinamicamente il senso di appartenenza sociale e culturale; d) promuovere il rispetto per le diversità culturali e per la creatività umana; e) diffondere l’osservanza del rispetto dei diritti umani e della sostenibilità dello sviluppo di ciascun paese.
Queste caratteristiche sono state riconosciute alla “Festa di San Bartolomeo Apostolo”, che si svolge a Pellare, e alla “Fiera delle Frecagnòla”, a Cannalonga, due eventi che presentano caratteristiche differenti, e su cui vale la pena riflettere.
Il 25 agosto 2025 a Pellare, nel comune di Moio della Civitella, si celebra con solennità e partecipazione un evento che affonda le sue origini nei secoli: la “Festa di San Bartolomeo Apostolo”, una delle ricorrenze religiose più attese e sentite dalla comunità locale per esprimere identità, fede e tradizione popolare.
Il Santo è uno dei dodici apostoli scelti da Gesù, dunque una figura importante che nel Vangelo di Giovanni significa “dono di Dio”. È invocato quale protettore dei macellai, dei calzolai, dei sarti, dei conciatori, dei rilegatori, ma anche dei dermatologi, ed è pregato per le malattie della pelle.
La tradizione lo descrive impegnato nell’attività missionaria, che si sviluppa attraverso lunghi viaggi, miracoli e guarigioni, infine martirio (flagellato, crocifisso a testa in giù e soffocato dal fuoco, scorticato vivo, decapitato). Diffusissimo è il suo culto ed in passato rilevante la richiesta di reliquie.
Nell’iconografia, San Bartolomeo viene raffigurato quasi sempre con un coltello nella mano destra, mentre nella sinistra reca a volte la Bibbia o la palma del martirio.
L’appuntamento di Pellare intreccia fede, folklore e convivialità, rinnovando ogni anno un legame profondo tra le radici spirituali del territorio e i momenti di festa collettiva che uniscono i cittadini del luogo e i numerosi visitatori, attratti dall’atmosfera della festa.
Il momento centrale è la solenne processione, durante la quale la statua del Santo percorre le strade del paese tra canti, preghiere, fuochi d’artificio e la partecipazione commossa dei fedeli.
La “Fiera della Frecagnòla” è un’antica fiera tradizionale che si tiene a Cannalonga, alla fine della seconda settimana di settembre (quest’anno dal 10 al 14 settembre 2025).
Nata come mercato del bestiame, oggi è una festa che celebra la cultura, l’artigianato e le tradizioni locali, con un ricco programma di eventi, esposizioni e specialità culinarie che rappresentano l’identità del luogo. Ha origini antichissime, ponendo al centro l’antica consuetudine della vendita di bestiame, in particolare capre. Un primo documento che parla di questo evento risale al 1452; atti e scritti successivi riprendevano una serie di disposizioni riguardanti i diritti di mercato, di compravendite di merci, trasferimenti di immobili e stipula di contratti. Era dedicata a Santa Lucia e si teneva a dicembre; in seguito fu anticipata a settembre forse per le migliori condizioni meteorologiche.
Sostiene Nello Amato, nel suo recente volume: Storia della fiera di Cannalonga, che sono quattro le fasi di un processo millenario che ha caratterizzato questa forma di vivere la comunità e le sue caratteristiche economiche e sociali: a) dal Medioevo alla fine del XVII secolo; b) lo spostamento nel XVIII secolo della data alla terza domenica di settembre; c) l’anticipo alla fine dell’ottocento alla seconda domenica di settembre; d) dalla seconda metà del Novecento la trasformazione in evento culturale, recentemente aumentato nella sua durata con l’istituzione dell’Ente “Fiera della Frecagnòla”.
È il passaggio dalla centralità degli animali ad una vendita/scambio di oggetti e manufatti che servono all’uomo per agire ed esercitare il suo “esserci-nel-mondo”: ecco che la frecagnòla supera le fantasie legate a furti e sopraffazioni, come accade sempre in occasione dei mercati. O forse anche la stessa attuale denominazione di fatto costituisce una forma legata ad un genius loci, ad un’anima, capace di raccontare il modo di essere di gente a contatto con altra gente, con la comunità che vive tra realtà e immaginario.
Per studiare le feste immateriali ho introdotto una serie di indicatori, che non si distanziano dalle indicazioni dell’IPIC: sono stati costruiti ed adeguati in oltre trent’anni di ricerche territoriali. L’assunto di partenza è che le espressioni festive rispecchiano la vita e i comportamenti dell’uomo in una comunità e possono essere colte osservando i momenti di socializzazione e di espressione emozionale.
Le ricerche realizzate negli anni hanno cercato di verificare se la festa possa continuare a costituire “una connessione tra passato, presente e futuro”, ovvero i legami tra tradizione e cambiamento, considerando che ogni evento comunitario continua a rappresentare valori, comportamenti standardizzati, pratiche collettive e azioni simbolico-rituali.
Infatti, il modello formale di interpretazione del significato di ogni festa fa emergere alcuni elementi: a) esperienza interpersonale; b) attività espressive a carattere simbolico-rituale; c) periodicità; d) funzione socioculturale.
Sono stati costruiti alcuni indicatori così suddivisi: 1) Rilevanza dell’evento (conoscenza da parte del pubblico, promozione e pubblicità); 2) Organizzazione (impegno e funzionamento organizzativo, riuscita dell’evento); 3) Rappresentazione scenica (scenario, allestimento e contesto della manifestazione); 4) Partecipazione (coinvolgimento del pubblico/attori nella festa); 5) Contenuti culturali (elementi storico-culturali alla base dell’evento); 6) Forme rituali (espressioni, gesti, e simboli della manifestazione); 7) Rilievo economico (possibilità di attivazione di risorse economiche); 8) Condivisione ed adesione (evento interessante, stimolante e apprezzato dal pubblico).
Questi indicatori hanno permesso di osservare: le modalità organizzative e l’impegno dei partecipanti; la tenuta della tradizione dell’evento in considerazione dei cambiamenti che sono intervenuti; la ricaduta in termini economici e di sviluppo grazie soprattutto alla presenza di pubblico.
È necessario fare alcune considerazioni sui due eventi oggetto di interesse.
I principali momenti legati alla festa di Pellare sono tradizione e azioni di fede:
a) celebrazione della Santa Messa solenne in mattinata;
b) processione della statua di San Bartolomeo Apostolo;
c) benedizione del paese e della comunità.
Questi primi momenti fanno parte delle forme rituali, l’occasione per esserci nella definizione di comunità che partecipa e si stringe intorno ai simboli e ai significati di una festa: la processione solenne che attraversa le vie del paese, l’immagine del Santo che visita ogni casa, portando benedizione. Interessante il contesto d’inizio, il sagrato della chiesa dove i fedeli attendono con emozione l’uscita della statua per dare avvio alla processione. Sono di rilievo i momenti legati al suono delle campane e all’accompagnamento della banda musicale.
I versi dell’inno tradizionale sono: “Di gioia esulta o Pellare / Bartolomeo si lodi / In cielo e in terra odi / E ne ripeti il suon. / Eccoti ai piè gran santo / I figli benché rei / Padre se tu non sei / Chi ci difenderà?”.
In occasione di canti e preghiere, lacrime di commozione sono impresse sui volti dei presenti, che accompagnano il santo con canti e preghiere lungo le strade del paese.
Passiamo agli aspetti più propriamente folkloristici:
a) spettacoli musicali e intrattenimento serale;
b) stand gastronomici con piatti tipici della tradizione cilentana;
c) fuochi d’artificio finali.
Le principali caratteristiche sono dunque il momento di vivere l’evento e partecipare, per trovare quei momenti aggregativi che costituiscono partecipazione e condivisione di una comunità.
Al contrario la “Fiera della Frecagnòla” si caratterizza per alcuni aspetti specifici:
a) contesto associato allo scenario bellissimo di Palazzo Toribio e del centro storico;
b) contenuti storico-culturali, in quanto si propone un evento che riguarda l’antica Fiera già esistente nel 1400;
c) aspetti di tipicità, che riconducono alla proposizione degli elementi di una cultura che in queste zone si indirizzava alla pastorizia e al mondo contadino: centrale è il piatto tipico del luogo, il “bollito di capra”;
d) anche se nei tempi lo stesso concetto di Fiera si è tramutato in altro, comunque racchiude elementi di tipicità riguardanti la valorizzazione dei prodotti;
e) è interessante la forma organizzativa, che si concretizza grazie all’azione di uomini che operano per la promozione e la riuscita dell’evento;
f) rappresenta infine l’identità di Cannalonga, che può portare in paese visitatori curiosi e desiderosi di conoscere questa antica manifestazione.
La Fiera è l’occasione del potenziamento della società cannalonghese che, attraverso una coscienza collettiva, permette di valorizzare cultura, gastronomia e tradizioni, con al centro folklore cilentano, spettacoli di musica etnica e popolare, mostre pittoriche e fotografiche, stand espositivi. Tutto ciò può costituire occasione per orientare uno sviluppo integrato del territorio.
Le conclusioni sono legate ad una diversa modalità di scoprire beni immateriali che possono essere ricondotti entro una differente classificazione: da un lato, “eventi religiosi” (Pellare); dall’altro “rievocazioni storico-culturali” e la proposizione di una certa tipicità (Cannalonga).
Gli “Eventi religiosi” in genere presentano una maggior incidenza di indicatori quali: forme rituali (aspetti emozionali), condivisione ed adesione. Nel secondo caso (la Fiera di Cannalonga), la tradizione storica affonda le sue radici nei contenuti culturali e nell’elemento organizzativo che negli ultimi tempi sta acquisendo significatività.
Oggi c’è un forte bisogno di partecipazione degli esseri umani agli eventi festivi: si tratta di una vera e propria necessità di vivere la socialità, anche se le manifestazioni devono attrarre e catturare l’attenzione del pubblico e dunque essere interessanti e ben organizzate.
Occorre che ogni comunità attui ricerca e conoscenza, al fine di attivare iniziative che valorizzino i centri storici e facciano vivere il passato, che non deve restare muto e silenzioso: è necessario coinvolgere le nuove generazioni che devono fruire di tutto ciò che c’è di buono della nostra cultura, e trovare in essa possibilità future, per modificare l’idea di realtà che sono a torto ritenute immutabili.
Tutti gli eventi, da quelli più importanti a quelli meno conosciuti, hanno bisogno di essere meglio indirizzati al pubblico, per permettere di far affermare le risorse territoriali anche in un ambito più esteso. Questa azione necessità di una organizzazione più funzionale per consentire di conoscere e trasmettere l’enorme “Patrimonio Culturale” del territorio.
La soluzione è di accogliere il visitatore attento al bene da scoprire: il viaggiatore non è il popolo delle vacanze, ma un soggetto che insegue l’interazione dialogica con la cultura che incontra lungo il suo cammino. Scoprendo se stesso, matura una esperienza come scelta consapevole, attraversando “una storia-non storia”, una meta quasi di pellegrinaggio.
Queste paiono essere le principali indicazioni per organizzare e riattualizzare gli eventi e permettere al territorio di esprimere la propria identità.
Pasquale Martucci
L’intervento magistrale del sociologo Martucci ci dà la possibilità di comprendere appieno l’importanza che la Regione Campania ha voluto dare, con questo riconoscimento, alle due manifestazioni. (adr)